In tempo di crisi
Scrivere in "tempo di crisi", all'apice della curva depressiva o stordente è una terapia.
Nei giorni appena trascorsi non ho avuto molti climax emotivi. Ho raggiunto un equilibrio, assecondo la routine ospedaliera, ho conosciuto meglio infermieri, medici e ho capito quelli che mi stanno più simpatici, quelli meno e quando sentirmi più tranquilla o essere un pelino preoccupata per i prelievi. (Alcuni infermieri ormai conoscono il mio problema delle vene e vanno sul sicuro senza farmi male, altri invece ancora mi martorizzano).
Ma gli equilibri ospedalieri son fatti per essere interrotti e destabilizzarti di tanto in tanto quindi....
Venerdì scorso la mia compagna di stanza decide tout court di andare via e farsi operare fuori.
Tanto dispiacere ma le auguro fortuna per la sua avventura.
Durante la notte, arriva una ragazza. Giovane, 25 anni, prossima al parto in teoria. Arriva ed è smarrita, rivedo la me stessa di 2 settimane prima e trascorriamo la prima notte a parlare. Ha bisogno di coraggio e vorrebbe la sua famiglia. Soffre di ansia e non vuole le inducano il parto ma è ormai oltre il termine e se non avrà contrazioni a breve glielo indurranno.
Provo a starle accanto in questi giorni anche perchè è davvero piccina, ha paura di tutto e si lamenta anche un pò di tutto ma vabbè, povera, la capisco. Mentalmente mi auguro lei abbia un travaglio veloce perchè psicologicamente sono scarica, non so se riuscirò ad essere forte anche per lei.
Ma ovviamente.....
alle 19 prende l'olio di ricino e il suo travaglio indotto comincia alle 21 di lunedì. Lei mi avvisa: ho una soglia del dolore bassissima.
Tranquilla le dico, ci sono io. (Mammà)
A causa dell'olio va in bagno continuamente, dopo un pò sente le contrazioni, sempre più forti, e urla, piange e si sente piccola, disperata e sola. Le tengo la mano, le dico di respirare, le chiamo gli infermieri ogni volta che si sente male.
Le mettono un tracciato, ma per l'olio deve correre in bagno e suda freddo perchè le hanno detto che non deve staccarlo.
Spazientita glielo stacco e le dico che non può sentirsi male per un tracciato e per fortuna mi ascolta.
Talvolta dice che non riesce a respirare, che le viene da svenire e provo a rassicurarla. Le parlo dei corsi preparto che ho seguito online, gli unici disponibili per me che non potevo muovermi e per cui l'Asl non si prendeva la responsabilità date le mie condizioni.
Una gravidanza senza corso pre parto, senza foto belle con la pancia, col marito, con gli amici... Una gravidanza con tanta sofferenza. Ho sempre pensato che queste manfrine fossero inutili e invece quanto avrei voluto farle!
Vabbè. Torno al "mio" travaglio.
Sono accanto a questa ragazzina, sento che i medici, gli infermieri spazientiti per le numerose chiamate le dicono:
- Signora! I dolori sono normali, che lei ci chiama è inutile non possiamo fare niente, forza, questo è fare la mamma.
Io resto basita dall'indifferenza, il nervosismo che trapela, l'insensibilità.
Mi chiedo, è normale lasciare nella stanza una ragazzina in travaglio, con l'unico ausilio di un'altra donna che non può alzarsi e che vive già una propria situazione emotiva particolare?
E' normale che la ragazzina in travaglio debba pensare alla roba del bambino, a prendere le cose per lei per le perdite o altre situazioni intime che non sto a spiegare?
Che nessuno la aiuti in bagno soprattutto dopo le visite che la lasciano sanguinante e quindi il bagno diventa davvero un luogo insalubre per le degenti?
Che non ci sia un supporto psicologico per lei e caxxo lo dico, anche per me perchè la situazione è dura e io non ero pronta per affrontarla?
Passano le ore. Alle 8 di mattina la portano giù in sala travaglio. Il letto pieno di sangue accanto a me come memento della nottata insonne. Verranno a cambiarlo due infermieri che adoro (tra i pochi umani) alle 13 mossi a compassione dalle mie numerose richieste.
E' finita. O meglio, no. Per la mia compagna di stanza è iniziato ora il viaggio più bello della vita per me.... nulla è cambiato.
Ricomincio. E attendo
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