Violenze
Quando ti affacci alla vita non sei preparato ad un sacco di cose.
Quando entri in un ospedale ti rendi conto che sei preparato ancora per meno cose.
Di sicuro non sei pronto a vedere che il tuo tracciato è strano e che il dottore minimizza, men che meno essere svegliata dopo un'ora di un sonno poco sereno e preoccupato dalle urla di una degente a qualche camera di distanza della tua, che sente dolore per le contrazioni e urla, sta male, dice che vuole scendere giù in sala parto e i medici le dicono di fare silenzio, di non urlare, di "fare la brava", che "ci sono i malati le urla a che servono".
Ormai con il cuore sei con lei, senti le sue contrazioni attraverso le sue urla e vorresti essere lì ad abbracciarla o ad accarezzarla, a rasserenarla, insomma a farle sentire che un po' di umanità c'è, che qualcuno che tiene a lei ci sta, che non è solo una vagina che deve sgravare..
Sei al buio e pensi: è normale che un travaglio venga fatto in un reparto? Non esiste una sala travaglio? Non esiste un'ostetrica? Nessuno le da una mano!
È normale che tutte noi dobbiamo ascoltare la sofferenza di questa donna? Donne che ancora devono partorire, donne che hanno i bimbi in camera, donne esauste che hanno da poco partorito, donne che come me stanno da mesi chiuse in questa stanza e che già sono atterrite dal parto e da ciò che comporta e vedono una mancanza di empatia ASSURDA, SPAVENTOSA, DA BRIVIDI?
Io non ho studiato medicina perché non potrei vedere il corpo umano nel modo in cui viene affrontato, sezionarlo, sperimentare su persone visite, prelievi, operazioni.. Non potrei mai farlo e nutro massimo rispetto per chi riesce. E' sicuramente grazie a tante persone che hanno approfondito l'anatomia umana che oggi conosciamo tante cose, eppure la freddezza, l'indifferenza, il totale distacco, la superba sufficienza con cui si approccia al dolore del paziente mi disturba.
E la vedo soprattutto nei giovani, negli specializzandi. Ciò è inconcepibile perché credo abbiano davvero perso qualche lezione all'università. Studi comprovati trattano l'importanza della vicinanza al paziente come surplus performante nella riuscita di un evento come un'operazione o anche di minuzie come una visita.
Probabilmente nel delirio di onnipotenza nel guadagnare qualche spicciolo si credono professionisti arrivati e già annoiati dalla professione, osservando con gioia i casi più estremi.
Salvando ovviamente la pace di qualcuno che svolge il suo lavoro con gioia e impegno e che stimo molto.
Ma quindi devo sempre sperare di partorire quando ci sono le persone giuste? Anche in questo si deve avere fortuna?
Io volevo partorire con la mia dottoressa. Donna di grande esperienza ed umanità. E invece sono costretta a subire queste violenze in un luogo che non ho scelto.
Eh si perché queste sono violenze. Precisamente si chiamano violenze ostetriche anche se riguardano la ginecologia di più ampio spettro.
Psicologi e ginecologi ne stanno studiando la diffusione nei vari ambiti e la consapevolezza da parte dei pazienti e degli altri medici.
Ma questi studi a cosa servono se poi ci ritroviamo a conti fatti in questa glaciale realtà?
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