Limbo
Entri in un ospedale e ti senti in una bolla. Mai completamente serena eh vista la situazione sempre sul filo del rasoio, ma da un lato, con il mondo in zona rossa, almeno un pochino ti senti preservata da questa pandemia che imperversa.
E invece no.
Dopo giorni più o meno idilliaci, più perchè in compagnia di una ragazza con cui si crea un bel legame e ti diverti ti disperi e condividi esperienze, meno per la paura sottesa che esiste nel quotidiano di un ospedale, la tua compagna va via d'improvviso.
E mentre provi a prendere sonno alle 2 di notte ti capita nella stanza una nuova ragazza, giovane, impaurita e prossima al parto. Ma proprio prossima, infatti glielo indurranno 3 giorni dopo il suo arrivo.
Lei ha la faccia spaurita, rivedi te la prima sera in quest'ospedale e quindi provi a rassicurarla, le dici che per quello che puoi le starai accanto e che è in buone mani. Percepisci il suo essere tanto ansiosa e ti auguri solo di essere pronta a supportarla nel momento del bisogno.
Perchè ti senti comunque persa. Perchè vorresti ci fosse comunque qualcuno che ti prenda tra le braccia ogni tanto e ti dica che andrà tutto bene perchè lo sa.
La storia della notte del suo travaglio è stata già raccontata.
Il bimbo è bellissimo, dolcissimo e pian piano lei si accomoda nella vita da mamma.
Tuttavia ha commesso un grave errore.
E' giovedì e stiamo riposando, con il separè in modo che al piccolo non arrivi il sole della mia finestra.
Non vedo la porta ma sento che entra qualcuno.
Riconosco la voce del primario che avvisa la mia compagna di stanza che il tampone molecolare fatto il giorno del ricovero (6 giorni fa???) risulta positivo e quindi devono portare lei e suo figlio nel reparto covid al piano di sopra.
Io resto impietrita. Mi aspetto arrivi da me e infatti mi conferma quello che ha detto alla mia compagna di stanza che intanto preoccupatissima perde le staffe. In questo momento caotico, in cui mi sento come al di fuori del mio corpo riesco solo a capire che la mia compagna di stanza confessa che la madre è positiva. Ogni azione è in automatico, mi faccio fare il tampone, annuisco alle direttive e obbedisco senza proferire parola. Poi, come un uragano che fugge via dopo attimi di distruzione, i medici e tutti sono fuori e mi ritrovo sola ad attendere la sanificazione.
Resto sola e una sensazione di smarrimento mi invade. Ancora? Devo ancora combattere?
E poi: ho sentito bene? Aveva la madre positiva? E non ha detto nulla??
So che viveva con la suocera, ma di sicuro aveva visto la madre. E in 6 giorni neanche una volta le è uscito con la mamma o gli innumerevoli parenti chiamati che quest'ultima fosse positiva?
Ma si può essere più irresponsabili? Tra l'altro girava, ha conosciuto tante persone, è andata a PARTORIRE. Io le ho tenuto la mano e condividevamo lo stesso bagno.
Poi buio. E se sono positiva? Devo salire su, in quel reparto odiato, e se succede qualcosa al bimbo o a me? Ho trascorso le ore che mi separavano dal responso guardando dritto davanti a me, il muro celeste con i vari avvisi per le partorienti, sempre uguale, sempre banale, sempre lì.
Dopo qualche ora arriva il responso. Per ora sono negativa ma resto isolata sino alla settimana prossima.
Alcuni specializzandi, alcuni infermieri, vengono da me e mi mostrano la loro solidarietà, mi dicono che sono la loro paziente preferita e che non merito quanto sta accadendo e finalmente scorgo un po'di calore, quello che non ho mai richiesto a nessuno che non fosse un membro della mia famiglia stretta o dagli amici veri ma che qui invece cerco come la pioggia dopo una stagione di siccità.
Ora sono in questo limbo attendendo il tampone della prossima settimana. Ogni tanto mi sale la rabbia per l'irresponsabilità di queste persone e la negligenza ospedaliera. Per 6 giorni ho respirato la stessa aria, ho avuto contatti e sono stata vicina ad una persona positiva perchè a questa tipa non hanno dato i risultati entro 48 ore come a tutti e perchè non ha fatto il travaglio in una zona appropriata, perchè ho dovuto fare da supporto ad una povera cristiana che voleva la mamma mentre era sola ad affrontare qualcosa che sentiva più grande di lei.
Sono arrabbiata e disgustata.
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