La vita in una bolla

 Come si vive in ospedale?

I primi giorni non sei lucido e devi trovare una sorta di ritmo. L'ospedale ha regole proprie, orari diversi e chi non ci ha mai trascorso tempo non ne ha alcuna idea.

 Ho trascorso le prime 48 ore trasalendo perchè mi trovavo infermieri accanto d'improvviso che mi svegliavano per prelievi, siringhe, flebo a qualsiasi ora del giorno e della notte. Per cui riposavo negli scampoli di tempo. Mi sentivo depressa, senza forze o speranze. 

Rimbombava nella mente solo quel maledetto foglio con le brutte notizie di un'eventuale nascita prematura e la paura della fatidica operazione.

Non riuscivo a leggere, non riuscivo a mangiare molto, non riuscivo a vedere serie. L'unica cosa che mi riusciva era guardare un punto fisso.

Non ho mai amato piangere in presenza di altre persone. Neanche della mia famiglia. Non riesco a spiegare il perchè, forse non mi piace mostrare le debolezze, vorrei essere sempre la roccia di chi amo.

Eppure in questi giorni ho pianto. Tanto. Sempre. Con forza e disperazione.

Le lacrime sembrano spuntare dietro l'angolo per ogni singola situazione, anche quelle più assurde come una canzone che è comica e invece mi fa piangere.

Il sabato e la domenica in ospedale sono giorni molto silenziosi, come se tutti riposassero e quindi ti senti un pochino abbandonata. La mia prima compagna di stanza poi, è stata dimessa improvvisamente e quindi sono rimasta una notte da sola. 

Io, da sempre amante della solitudine, desideravo venisse una nuova compagna di stanza. Per non sentirmi sola. 

La domenica mi raggiunge una nuova persona con la quale si instaura subito un rapporto di simpatia. E proviamo a passare anche qualche ora a sorridere con una punta di preoccupazione per l'aria sonnecchiosa che ci circonda.

La notte dormo meglio e smetto di trasalire perchè ormai ho imparato gli orari e quindi mi sto "abituando".

Ecco, è lunedì! Mi avevano avvisato che sarebbero partiti a bomba con esami e prelievi e quindi mi sono fatta trovare pronta. Alle 6.20 pronta a farmi bucare, esaminare, osservare.

La percezione da allora è quella di vivere in una bolla.

La mattina c'è movimento, vengono dottori, specializzandi, infermieri a chiederti, informarti. 

Dalle 11.30 poi, ritorna la pace. Sei di nuovo sola con i tuoi pensieri, e quindi ricominci a preoccuparti a piangere o a disperarti.

Perchè i medici non ti rassicurano mai, ti dicono "quest'esame è ok ma dobbiamo sperare non ci siano infezioni", oppure "il tracciato va bene ma deve sempre controllare che si muova" e ancora " le analisi sono ok ma lei ha ancora perdite?" "SI". " Ah".

E tu che sei li e pendi dalle loro labbra hai un unico pensiero: 

Ce la faremo? Sopravvivrò? Sopravvivrà?

E magari per qualche ora, quando tutti i medici sono con te ti senti anche serena e un pò più sicura ma al pomeriggio, dopo le 14 ritorna quell'oscura sensazione: e ora starà bene? Perchè ho le perdite ancora?

Starà crescendo? Il batterio lo avranno debellato? E resti ore a guardare il soffitto e a piangere perchè hai solo tanta paura e non sai cosa fare.

Tutti, ti hanno detto che non si poteva prevedere, che non si poteva fare nulla per impedirlo, che molti bambini sono nati anche prima, eppure tu pensi si, ma io sono sfigata e mi frego dalla paura!

Sono sicuramente una persona fortunata, ho una bella famiglia che amo, un marito meraviglioso, la sua famiglia adorabile, eppure negli ultimi periodi mi sono sentita come  una persona che deve sudarsele le cose.

Ma questa è un'altra storia.

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